Storia

L’ultima fattucchiera

La storia che voglio raccontare oggi non c’entra niente col turismo o con i viaggi, né con l’enogastronomia o l’artigianato locale. Riguarda sempre – questo sì – la Calabria; l’ho scoperta casualmente qualche giorno fa, mi ha molto colpita e voglio condividerla con voi.

E’ la storia di una donna. Si chiama Cecilia Faragò ed è l’ultima fattucchiera.

Soveria Mannelli, diciottesimo secolo. Età dei Lumi, per qualcuno; per molte altre persone forse no. Non stava male, Cecilia: aveva terreni e campi coltivati. Aveva anche un marito, che non era poi così male, se non fosse per il fatto che viveva costantemente nel terrore. Di qualsiasi cosa: della miseria, delle carestie, della malattia. Soprattutto, della morte. Un bel giorno, due sacerdoti gli assicurarono che se avesse donato loro tutti i propri beni, dopo la morte sarebbe stato certamente accolto con giubilo nel regno dei cieli. Lui così fece e, malauguratamente, dopo poco morì. Rimase Cecilia, sola, a fronteggiare i due sacerdoti, che subito dopo la morte del marito si accinsero a reclamare – e prendere – il possesso di tutti i suoi averi, nella convinzione che la vita ultraterrena del consorte valesse più della sopravvivenza mondana di Cecilia. Ma lei era di altro avviso, e allora si oppose, battagliò, protestò.

A quel tempo – e, in fondo, non solo a quel tempo – il modo più semplice per mettere a tacere una donna e liberarsi di lei era accusarla di stregoneria. L’accusa perfetta: non richiedeva altre prove se non il pregiudizio, il senso comune e le tante disgrazie che capitano ahimè normalmente nella vita. Cecilia finì in prigione; davanti a lei, lo spettro di una condanna a morte. Ma era capatosta, Cecilia, e non si arrese: scelse un avvocato e affrontò il processo con una determinazione e una grinta tale che non solo fu assolta, ma addirittura, a seguito di quel processo, il Regno di Napoli decise – primo in Europa – di abolire il reato di stregoneria. Cecilia aveva difeso egregiamente se stessa e insieme tantissime altre donne. Grazie al suo coraggio, la Calabria e tutto il Sud Italia entravano, primi in Europa, nell’età dei Lumi.

Leggendo il racconto della vita di Cecilia Faragò, ho pensato due cose: innanzitutto, che la grinta eccezionale di questa donna deve servire da esempio per tutte noi, e allora forse, per tenerne viva la memoria, dovremmo parlarne di più, raccontarla, intitolarle strade, piazze, rappresentarla in performance teatrali – cosa che a Soveria Mannelli fanno già da un po’. E poi ho pensato un’altra cosa. Mi son detta che per essere riuscita, lei donna sola, nella Calabria del ‘700, ad avere la meglio su due uomini di chiesa, ecco probabilmente un po’ fattucchiera lo era davvero! Quantomeno, aveva quel carisma straordinario che le ha permesso di compiere il… prodigio (?) di ottenere l’assoluzione.

E, vi dirò, essere fattucchiere… non è poi così male.

 

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La nostra storia, Conclusione: un ricordo, un nome, un’anima

(…segue). Nonna Lavinia… beh, con lei il ricordo si fa talmente vivido e forte, intimo e potente, da non poter essere raccontato. Basti dire che abbiamo deciso, da subito e senza dubbio alcuno, di intitolarle questa villa, questa nostra dimora rinnovata. Perché nonna è stata per tutti noi, da sempre e in ogni momento, la cura, l’accoglienza e la dolcezza, l’affetto dimostrato con le piccole cose e i piccoli gesti di inestimabile valore. Da questo luogo, magico per noi, proviamo a restituire, almeno in parte, quanto ci è stato negli anni donato. Grazie.

 

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La nostra storia parte V: Tia Ana

(…segue) Zia Anna, cagionevole di salute e debole di cuore, trasse dall’intelletto tutta la forza che il fisico non riusciva a darle. Si laureò in lettere classiche e diventò, negli anni ’50, una delle prime insegnanti donne della città.

 

È stata lei ad introdurmi al mondo meraviglioso della lettura, delle fiabe, dei racconti, facendo viaggiare a lungo la mia fantasia di bambina in ore e ore vissute insieme su un letto dal quale a fatica riusciva ad alzarsi. Morì poco prima che io compissi tre anni, la ricordo ancora perfettamente. (Continua…)

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La nostra storia parte IV: I moti di Reggio; Tia Pina se fué p’al norte

(…segue). E arrivarono poi gli anni ’70, e di nuovo questa città e questo quartiere si trovarono drammaticamente coinvolti in una storia più grande. Gli avvenimenti noti come “moti di Reggio” sono estremamente complessi da raccontare e la loro interpretazione è ancora controversa. In seguito ad un periodo di intense proteste popolari e alla decisione del governo centrale di sedare le rivolte inviando l’esercito, fu di nuovo guerra.

Il quartiere in cui ora ci troviamo fu uno dei più coinvolti: coprifuoco, barricate, camionette militari e carri armati segnavano il passare dei giorni. In quei mesi di pura follia, il rione insorse e proclamò la nascita di due Repubbliche Autonome: la Repubblica di Sbarre, nera, e la Repubblica dei Ferrovieri, rossa.

La guerriglia non durò molto e, pur lasciando ferite indelebili in questa città, si poté tornare alla normalità. Zia Pina, stabilitasi nel frattempo a Roma, scrisse in tal modo una pagina di un’altra storia tipicamente nostrana: storia di emigrazione, di distacco, di viaggi in cerca di fortuna, di nostalgie perenni e nessun ritorno. (Continua…)

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La nostra storia parte III: L’Italia ripudia la guerra!!!

(…segue) E poi la guerra arrivò davvero e lo Stretto diventò un posto insicuro, meta di battaglie e bombardamenti frequenti. Così Nonno Stefano, Nonna Maria e le loro tre figlie furono sfollati a Tropea; quella che oggi è una splendida e rinomata località turistica, fu per i miei avi meta di esilio, villeggiatura forzata. Quando la guerra in riva allo Stretto finì – pur continuando drammaticamente altrove – poterono far ritorno nella loro casa, che era ancora in piedi, solida e bella come l’avevano lasciata.

In una Reggio pacificata e piena di speranze, e bella e gentile come doveva essere allora, Pina, Lavinia e Anna diventarono donne. Nonna Lavinia sposò Nonno Ninì, anch’egli ferroviere, spesso di servizio sulla linea ionica, meravigliosa e baciata dal sole, e insieme ebbero tre figli – uno di essi è, ovviamente, il mio papà. Continua…

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La nostra storia parte II: Train de vie!

(…segue). Nonno Stefano (in realtà il mio bisnonno, il capostipite e costruttore) fu ferroviere, come molte altre persone di questo quartiere, costruito a ridosso della stazione e noto, appunto, come “Rione Ferrovieri”. Erano gli anni ’30 del ‘900, tempi duri, difficili: si pativa la dittatura e ci si preparava, consapevolmente o meno, ad una nuova grande guerra. Venne il giorno in cui bisognava giurare fedeltà al regime e Nonno Stefano non lo fece. “Io non appartenni, non appartengo e non apparterrò mai a nessun partito” disse. Gli andò bene: non subì nessuna conseguenza, ma non fece mai carriera. Con sua moglie, Nonna Maria, ebbe tre figlie: Pina, Lavinia e Anna. Continua…

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La nostra storia parte I: La fine di tutto, e poi l’inizio: Reggio Calabria 1908

La storia di questa casa è densa ed è antica, e parla del rapporto che lega noi, genti di Calabria, al nostro territorio, ad una natura selvaggia e sublime, capace di incantare e allo stesso modo di distruggere, di meravigliare ed insieme atterrire. Nel 1908 questa città fu interamente rasa al suolo da un terremoto di una potenza immane, al punto che il sismologo Mercalli pose questo evento sul gradino più alto della sua scala, ad indicare il massimo della devastazione. Dall’amore per questa terra, abbiamo acquisito la capacità di resilienza ed abbiamo, quindi, ricostruito.Erano altri tempi, tempi in cui la memoria della recente tragedia obbligava ad edificare costruzioni sicure, solide e robuste, e in cui il rispetto per la dimensione pubblica spingeva a rifinire le facciate prima che l’interno delle proprie case, e a ricercare la bellezza. Questo palazzotto nasce così, con un mutuo speciale per terremotati e il desiderio di realizzare una dimora bella ed elegante nella sua semplicità, adatta ad accogliere una famiglia numerosa ed allargata come sono anche oggi le famiglie di Calabria. La famiglia in questione (chiaramente, la mia) ha vissuto qui per decenni, partecipando agli eventi che hanno caratterizzato questo paese e respirando gli echi di una storia più grande. (Continua…..)

Storia

La nostra storia – introduzione

Care amiche e cari amici,
nei nostri primi quattro bellissimi anni di attività abbiamo realizzato che gestire un b&b non consiste semplicemente nell’offrire una camera e servire colazioni… tutt’altro! Siamo sempre più convinti e consapevoli di quanto la realtà di un luogo come questo, fatto di incontri, condivisioni e passaggi più o meno fugaci o prolungati nel tempo, possa essere speciale.

Ogni viaggiatore che viene a visitarci, porta con sé anche il bagaglio immateriale delle proprie esperienze, della propria storia. In questa nostra piccola finestra sul mondo, storie provenienti da paesi anche molto lontani si incrociano e dialogano tra loro, costruendo, giorno dopo giorno, un patrimonio immateriale ma di una inestimabile ricchezza. “La storia siamo noi” cantava De Gregori e tutti noi, quando ascoltiamo i racconti dei nonni, sentiamo nel profondo che è esattamente così. La storia siamo noi: proviamo allora a recuperare la memoria dei tempi passati, e a ricomporre ed assemblare insieme le nostre tante piccole storie. Sapendo da dove veniamo, sarà più facile andare avanti!!!

Abbiamo così deciso di pubblicare una serie di articoli all’interno dei quali racconteremo, a puntate, la storia di Villa Lavinia, che a questo paese e a questa città è indissolubilmente legata. Come si vedrà, ad ogni passaggio la nostra piccola storia richiama inevitabilmente gli echi di una storia più grande. Vi ringraziamo se vorrete seguirci. Soprattutto, ci piacerebbe che voi, che siate nati in questo quartiere, in questa città o anche altrove, ci aiutaste ad arricchire il racconto, inserendo altre storie o piccoli aneddoti, e che ne emergesse una testimonianza collettiva. In ogni caso, Grazie!!! ….Continua…..